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Compiti a casa: pratica utile o dannosa?

  • Immagine del redattore: Vanessa
    Vanessa
  • 24 nov 2019
  • Tempo di lettura: 7 min

Dalla Carta internazionale dei diritti dell’infanzia, art 31: “Gli Stati membri riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…”

Se ci pensiamo bene questa frase fa riflettere soprattutto nella società odierna in cui il tempo libero si è ridotto all'osso per tutti, per i lavoratori, per i genitori, per i bambini. Viene spontaneo domandarsi se davvero i bambini (di scuola primaria) hanno il tempo e la possibilità di dedicarsi ad attività creative, al gioco e al tempo libero. Non è certo tutta colpa dei compiti! Ma proviamo ad analizzare questa pratica dei compiti a casa per capire, in definitiva, se è funzionale o meno all'apprendimento.

Dal mio punto di vista, può essere funzionale a tante cose ma non all'apprendimento.

Ora mi spiego meglio analizzando i maggiori problemi riscontrati non solo dal punto di vista dell'insegnante ma anche dal punto di vista di educatrice domiciliare o di "aiuto-compiti".


Partiamo dal punto di vista di educatrice domicilare e dei genitori.

Ho fatto l'educatrice domiciliare per circa un decennio e vedete questa immagine? 9 su 10 non succede proprio questo a casa! Per esperienza personale, (ne ho viste parecchie di famiglie nel homework time, nel momento dei compiti) la mamma o comunque un familiare non ha il sorriso della foto mentre il figlio/a deve fare i compiti. Questo perché, nella maggior parte dei casi, è visto come un dovere, un ostacolo alla vita familiare e soprattutto alle mille cose che ci sono da fare all'interno di una famiglia dove entrambi lavorano.

Se il figlio/a è abbastanza autonomo, la mamma può continuare le proprie faccende, se il bambino ha difficoltà o non ha ben compreso l'argomento, siamo fritti! Iniziano le lamentele, le discussioni, il bambino che non vuole fare il compito, la mamma che lo rincorre per casa, piagnistei e ogni genere di scuse per non portare a termine quella attività. Ne escono fuori due persone stressate e il più delle volte ne risulta un lavoro fatto con la forza, fatto male, senza consapevolezza. Cosa abbiamo imparato da questo compito? Pressoché nulla!

Lo so, e ne ho sentite tante di mamme dire questo: "ma non ci penso nemmeno a mettermi a fare i compiti con mio figlio, è un suo dovere, che se la sbrighi da solo, al massimo ricontrollo ma per il resto si arrangia!", verissimo, ma non per tutte le famiglie è così. Ho visto davvero scenate assurde per i compiti, ho letto davvero la fatica dei bambini nel fare il lavoro a casa, ho percepito la stanchezza e il peso di un'intera giornata a scuola, mensa compresa, per poi rimettersi seduti sui libri e compiere il proprio dovere.

Per non parlare poi di tutti i soldi che molte famiglie devono spendere per insegnanti a casa, servizi di "aiuto-compiti" o baby sitter che facciano fare i compiti ai bambini.

Non tutte le realtà sono uguali, non dappertutto danno la stessa mole di lavoro a casa e quindi sorge spontaneo il dibattito perché ognuno vive la propria esperienza. C'è chi non ha problemi perché i compiti sono pochi, c'è chi vive la scuola a zero compiti e c'è chi è sommersa di compiti.


Un'altra questione che solleverei riguarda il fatto che il genitore non ha le stesse competenze di un docente e quindi non spiegherà mai allo stesso modo dell'insegnante e quindi c'è sia il rischio che il genitore faccia ancora più danno magari impartendo un metodo diverso da quello spiegato dall'insegnante per esempio per fare le divisioni e qui aggiungerei benvenuta confusione! oppure il genitore spiegherà bene l'argomento non capito dal figlio ma a quel punto perché il genitore dovrebbe fare il lavoro dell'insegnante? Insomma, la polemica è piuttosto accesa ed è ragionevole che ci si pongano certe domande.

Inoltre il tempo libero è sacro per tutti! Dopo una settimana lavorativa, una famiglia non si deve chiudere in casa per fare i compiti, soprattutto se i genitori lavorano anche di sabato e domenica e quindi i giorni liberi del figlio non coincidono con i giorni liberi dei genitori.

Questi pensieri un docente li fa? Se poi sono sia docenti che genitori, da che parte penderà la bilancia?


È bene soffermarsi e capire se questa pratica dei compiti a casa è davvero utile e funzionale all'apprendimento o se risulta essere addirittura dannosa.



Vediamo ora il punto di vista dell'insegnante medio.

In 12 anni di scuola, principalmente primaria (ma ho lavorato anche all'infanzia), ho visto pochissime, forse nessun docente NON assegnare compiti a casa, forse io, l'aliena del gruppo =P

Ho visto insegnanti assegnare una sostanziosa mole di lavoro e ho visto docenti che non assegnavano compiti maggiori al quarto d'ora di svolgimento. Dove sta la ragione? Nell'equilibrio? ma sulla base di cosa o di chi scegliamo quale sia la giusta quantità di compiti da dare a casa?

Se mi metto nei panni di un docente sorge spontanea la riflessione: "i compiti sono necessari perché almeno a casa, in tranquillità, i bambini riguardano l'argomento e potenziano ciò che hanno già appreso a scuola. I compiti sono un esercizio, un allenamento, come andare a calcio o a danza".

Iniziamo col dire che non sempre i bambini svolgono i compiti in tranquillità quindi a volte, tra la distrazione e il caos generale, non è detto che i bambini possano pacificamente svolgere questa attività. Una cosa normalissima! In casa esistono altre persone, a volte fratellini e sorelline più piccole e zittire tutti per fare i compiti, non sempre è possibile. Inoltre a casa, come dicevamo prima non sempre c'è qualcuno che sappia spiegare con precisione un argomento senza destare dubbi o confusione.

Seconda cosa: riguardare l'argomento? Bella questa! Difficilmente nella natura di un bambino c'è il "riguardare l'argomento" se non è il genitore a dirgli di rileggere ciò che ha imparato in classe, sempre se lo abbia davvero appreso. I bambini vogliono finire il compito il prima possibile e spesso nella loro testa stanno già pensando ad altro. L'es domina sull'io, l'istinto di giocare, muoversi, saltare e cantare prevale sempre sullo stare seduti a scrivere, contare e a studiare.

Sulla questione esercizio e allenamento, possiamo rifletterci. Sicuramente se non ti alleni, se non ti eserciti non impari e soprattutto, dato che la società ti vuole bravo, non impari a essere il migliore! Questo ragionamento fila liscio. Se vuoi essere bravo nella matematica, devi fare tanti esercizi, se vuoi scrivere bene, devi esercitare la mano nella scrittura ecc ma a monte la questione bravo, (che è discutibile!) i bambini a calcio dove fanno gli allenamenti? Per caso li fanno da soli, nella loro cameretta? Glieli fa fare il papà? Non mi risulta. Di solito si allenano col mister, di solito si allenano in un campo quindi in un luogo idoneo, generalmente i genitori non interferiscono con l'insegnamento del mister. Se quest'ultimo insegna al bambino a tirare in porta con alcune strategie studiate, perché è lui il professionista, poi il papà non dovrà dire al bambino di fare il tiro in un altro modo altrimenti il giovane calciatore andrà in confusione.

Pertanto il genitore non è né il mister né l'insegnante, la casa non è né il campo da calcio e né la scuola quindi non è il luogo più adatto per "allenarsi", infine, l'allenamento va benissimo ma se fatto con professionisti che ti seguono e che ti possono realmente correggere nel momento in cui sbagli. Quanti insegnanti correggono i compiti dopo averli assegnati? "Eh, non c'è tempo per fare tutto!", risponderanno. Bene, motivo in più per alleggerire una scuola che è già burocraticamente satura e per alleggerire insegnanti che hanno il ruolo di tuttofare.

Iniziamo a dedicare più tempo alla didattica, i bambini impareranno lo stesso e forse anche meglio, se hanno la possibilità di svagarsi nel tempo libero!


La mia esperienza personale

Sono spesso combattuta riguardo a questo argomento. Non sono amante del sistema scuola e non sono amante dei compiti a casa. Mi è capitato e, quest'anno particolarmente, mi capita di assegnare qualche compito (che si può svolgere in pochissimo tempo) principalmente perché non dipende molto dalla mia volontà. Io sono sempre l'ultima arrivata, quella precaria, quindi devo sottostare alle regole altrui. "Qui si danno i compiti!". A volte neanche te lo chiedono, è scontato dare i compiti!

In passato mi è capitato di dar da studiare storia e geografia per le tanto attese verifiche! ma ero pienamente consapevole del lavoro svolto in classe e constatavo quanto i bambini effettivamente mi avessero ascoltata e avessero partecipato alla lezione.

Il lavoro più importante che ho dato da svolgere a casa è stato un "compito" che i bambini hanno amato: "il giro del mondo virtuale". Ogni bambino preparava una brochure climatica e presentava al resto della classe la città del mondo che gli era stata assegnata. Abbiamo "giocato" all'agenzia di viaggi e ognuno doveva "vendere" il proprio pacchetto viaggi raccontando sia il clima di quel luogo ma anche usanze, costumi, particolarità, cosa mettere in valigia e cosa fare per esplorare al meglio la città. I bambini hanno imparato tanto, divertendosi.

Le attività migliori, però, le facevamo in classe ed ero sicura che, anche se non avessero studiato a casa, molte cose se le sarebbero ricordate perché cercavo sempre il modo di trasmetterle affinché lasciassero un "segno".

E poi a me che fossero i più bravi, non mi interessava, l'importante è che fossero motivati all'apprendimento e che fossero sereni. Ho sempre pensato che studiare meccanicamente non ha molto senso, non lascia il "segno", invece appassionarsi a ciò che si legge e si studia, magari trasmesso anche in modo che resti qualcosa di ciò che si impara, è la cosa migliore.

Voi ricordate di più le cose che avete imparato meccanicamente o quelle che vi sono piaciute, a scuola? E non ditemi che ai bambini non piace la scuola! Se siete bravi nel vostro lavoro, i bambini si appassioneranno sicuramente a qualcosa!





Dal manifesto di "BastaCompiti" ci sono alcuni punti salienti che vale la pena di condividere.

Chiediamo che i compiti a casa siano aboliti, nella “scuola dell’obbligo”, perché:

1. sono inutili: le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico per essere rigettate, a comando (interrogazioni, verifiche…), hanno durata brevissima; non “insegnano”, non lasciano il “segno” – dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione;

2. sono dannosi: procurano disagi, sofferenze soprattutto agli studenti già in difficoltà, suscitando odio per la scuola e repulsione per la cultura, oltre alla certezza, per molti studenti “diversamente dotati”, della propria «naturale» inabilità allo studio;

3. sono discriminanti: avvantaggiano gli studenti avvantaggiati, quelli che hanno genitori premurosi e istruiti, e penalizzano chi vive in ambienti deprivati, aggravando, anziché “compensare”, l’ingiustizia già sofferta, e costituiscono una delle ragioni, più gravi, dell’abbandono scolastico;

4. sono prevaricanti: ledono il “diritto al riposo e allo svago” (sancito dall’Articolo 24 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), e quello scolastico è un “lavoro” oneroso, spesso alienante – si danno compiti anche nelle classi a tempo pieno, dopo 8 ore di scuola, persino nei week end;

5. sono impropri: costringono i genitori a sostituire i docenti; senza averne le competenze professionali, nel compito più importante, quello di insegnare a imparare (spesso devono sostituire anche i figli, facendo loro i compiti a casa);

6. sono stressanti: molta parte dei conflitti, dei litigi (le urla, i pianti, le punizioni…) che avvengono tra genitori e figli riguardano lo svolgimento, meglio il tardivo o il mancato svolgimento dei compiti, quando sarebbe invece essenziale disporre di tempo libero da trascorrere insieme, serenamente;


[...]



Vanessa


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Vanessa Grasso

Dott.ssa in scienze dell'educazione

Insegnante di scuola primaria

Istruttrice di yoga per bambini

Ideatrice di vanEducation e Yogart

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